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Italia, Il Paese più anziano d’Europa

Italia, Il Paese più anziano d’Europa

UE: Completare riforme strutturali su pensioni e sanità
 

 
di Guerrino Iacopini -
 
 

Pubblicato su Profili Italia anno I  numero 4, ottobre 2008

(clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)


 
Bruxelles lancia l’allarme sul costante invecchiamento della popolazione europea e per questo sollecita l’attuazione o il completamento in tutti i Paesi dell’Ue di riforme strutturali tese a tagliare la spesa pensionistica e quella sanitaria. Amelia Torres, portavoce del commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha dichiarato: “L’invecchiamento della popolazione e’ una delle maggiori sfi de che l’Europa deve affrontare, assieme a quella dei cambiamenti climatici e a quella della globalizzazione. L’Unione europea e i singoli Stati membri devono fare di tutto per garantire la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche, assicurandosi che siano sane, solide e che le persone lavorino più a lungo. Si deve quindi andare avanti con le riforme strutturali in particolare con le riforme dei sistemi pensionistici e con quelle della spesa sanitaria, riducendo il livello del debito pubblico”. L’Italia è il Paese che preoccupa di più, visto che con i suoi 141 anziani (con più di 65 anni) per ogni 100 giovani (sotto i 15 anni) è quello più vecchio d’Europa. Pur avendo già attuato recentemente opportune riforme pensionistiche, queste potrebbero non bastare perché gli esperti prevedono che la nostra situazione non cambierà nei prossimi cinquant’anni per colpa del basso tasso di natalità. Governo e sindacati sono tornati a parlare di un altro possibile allungamento dell’età pensionabile per i lavoratori italiani. L’allarme invecchiamento della popolazione riguarda però un po’ tutta l’Europa, visto che secondo le previsioni di Eurostat nei 27 Paesi dell’Ue dal 2015 il numero annuo dei decessi supererà quello delle nascite e la crescita demografica sarà merito esclusivo dell’immigrazione. Se gli anni lavorativi dovranno essere necessariamente di più, le pensioni più povere e la spesa sanitaria notevolmente ridotta, come ci si sta preparando al problema in casa nostra? Dopo la riforma del TFR attuata nel 2007, molti lavoratori sono stati costretti a sottoscrivere un prodotto finanziario previdenziale da affiancare alla pensione statale. La riforma ha evidenziato come ormai per tutti la pensione statale sia diventata una chimera. Chi ha già provveduto a un piano pensionistico individuale, appartiene al ceto medio alto, ha un’età compresa tra i 45 e i 54 anni e vive principalmente nel nord Italia. L’informazione sulla previdenza integrativa è scarsissima ovunque e questo comporta che moltissimi lavoratori avranno brutte sorprese una volta in pensione. Quelli che invece decidono di mettere una somma da parte, lo fanno basandosi sul reddito che percepiscono e non su quello che si vorrebbe ricevere una volta pensionati. Il legislatore per realizzare la pensione complementare, aggiuntiva rispetto a quella erogata dagli enti pensionistici obbligatori (Inps, Inpdap, ecc.) ha individuato strumenti tecnici denominati “fondi pensione”. Tali fondi sono principalmente legati a banche e assicurazioni. Gli italiani desiderano, una volta finita l’attività lavorativa, mantenere il loro tenore di vita o avere almeno la disponibilità economica atta a soddisfare i propri bisogni primari. Ma con la crisi economica mondiale che stiamo vivendo, con gli stipendi che perdono ogni giorno potere di acquisto e non durano più trenta giorni, con l’inaffidabilità delle banche che hanno causato un disastro economico mondiale a causa della loro ingordigia nei profitti, con l’instabilità delle compagnie assicurative, con uno Stato assente sia come guida nel risparmio previdenziale, sia come garante sull’ultima oculatezza del lavoratore, come si può pensare che quei cittadini che riescono ancora a risparmiare qualche centesimo, possano investirlo in un qualcosa che al loro risveglio potrebbe assomigliare a un nuovo caso Parmalat? Spero che i nostri politici - e mi riferisco a tutti - comprendano che per il popolo, salute, lavoro, studio, pensione e futuro dei fi gli non sono argomenti sui quali è disposto a cedere le conquiste conseguite nel tempo.

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