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Il Popolo che non c'è

 Il Popolo che non c’è

Istantanea di una vita da senzatetto


di Guerrino Iacopini -

 

Pubblicato su Profili Italia anno II numero 3, aprile 2009

(clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)

 In Francia li chiamano ‘clochard’, in America ‘homeless’, da noi ‘barboni’. Sono quel popolo d’invisibili che ha fatto della strada la propria casa. In Italia sono centomila, nel resto d’Europa quattro milioni, ma le organizzazioni di assistenza affermano che sono in costante crescita. Ma chi rappresentano questi personaggi di cui nessuno si accorge? La metà sono stranieri venuti in Italia in cerca di un futuro migliore, l’altra metà sono connazionali che secondo l’ISTAT costituiscono la parte più debole di quei 7 milioni e mezzo di “poveri relativi”, ovvero coloro che hanno meno della metà del reddito di sopravvivenza. Sono persone fra i 40-50 anni che hanno perso il lavoro e non ne trovano un altro; pensionati con redditi insufficienti, ex detenuti che non sono riusciti a reinserirsi nella società, tossicodipendenti, donne senza lavoro abbandonate dai propri compagni o persone malate di mente. Poveri diavoli che per un motivo o per un altro vengono emarginati dalla collettività, privati di una scelta di vita. Chi pensa che nel ventunesimo secolo esseri umani scelgano un’esistenza da barbone per romanticismo, sbaglia alla grande perché nessuno decide di vivere malamente. C’è sempre un motivo che porta ad abitare la strada: le tasche vuote oppure perché in quel momento non si è mentalmente lucidi. C’è chi subisce la situazione e allora affoga i dispiaceri e sé stesso nell’alcol, chi invece amaramente l’accetta e inizia a vivere da invisibile. Un’esistenza che non merita di essere vissuta. L’estrema miseria e l’immensa solitudine spesso trascinano l’individuo verso il peggiore degrado, proprio come accaduto a Roma dove all’interno del Verano, il cimitero monumentale della capitale, i morti coabitavano con i vivi e nessuno se ne era accorto. Almeno fi no a quando il Messaggero non l’ha denunciato. Altri invece, anche se privati di tutto dalla vita, riescono a conservare gelosamente almeno una cosa: la dignità! Che per molti è non dover chiedere niente a nessuno, tanto da far si che sia più grande e più bella di quella misera pietà che sempre meno gente è disposta a dare. Il disgraziato ritratto nella foto, quando mi sono inchinato per donargli qualche spicciolo, mi ha detto: grazie, ma non accetto soldi! Ma come è possibile che quando tutte le persone del mondo corrono dietro al “Dio denaro”, anche quando non ne hanno bisogno, chi non ha nulla non accetti un’elemosina? In quel momento ero con la mia amica Patrizia, guardavo i suoi occhi marroni che ti scavano l’anima, ma il mio pensiero era concentrato su quel barbone steso in terra senza pronunciare parola, sul suo rifiuto dell’obolo. Mi ha fatto chiaramente capire che per lui la cosa principale non sono i soldi bensì la considerazione! Un uomo che invece di fare la spesa al supermercato cerca il suo pasto nei bidoni della spazzatura, che invece d’indossare un abito Valentino si copre di stracci puzzolenti, che passa la notte al gelo dentro ricoveri di fortuna costruiti col cartone, davanti alla stazione Termini è lì in terra senza lamentarsi. Perché, nonostante tutto, lui sa di essere una persona e come tale merita rispetto! Avrei voluto dire a Patrizia che solo in quel momento ho capito veramente quanto è importante per loro (e per tutti noi) avere una casa e quanto sia facile perderla! Alla mia destra lei, bella donna, in gamba, piena di charme, continua a parlare con me, lamentandosi di quello che la vita non le offre più. Alla mia sinistra lui, brutto, sporco, disteso su un cartone, che mi guarda sorridente. In mezzo a noi la gente, che continua a passare, incurante di tutto e… senza vedere niente.

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