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La "nostra cara" Fiat

La "nostra cara" Fiat

Quanti regali dagli Italiani!


di Guerrino Iacopini

 

Pubblicato su Profili Italia anno II numero 5, giugno 2009
 

(clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)

 

Negli ultimi cento anni, per salvare il padrone della Fiat dalle varie crisi, noi italiani abbiamo pagato con le imposizioni fiscali un milione di miliardi di lire la pessima gestione della casa automobilistica torinese, che quando produceva utili, era abilissima a farli sparire, per poi vederli rispuntare in qualche paradiso fi scale nella cassaforte di famiglia, mentre nei periodi di difficoltà a pagare siamo sempre stati noi contribuenti che, per riconoscenza, abbiamo ricevuto in cambio automobili di qualità scadente a prezzi superiori alla media di mercato. Pertanto, in tutti questi anni la famiglia Agnelli non ha fatto altro che “privatizzare gli utili e socializzare le perdite”. Ma com’è riuscita così bene in questo? Con il più semplice dei ricatti, ovviamente! O mi dai tot lire o ti licenzio 6.000 operai. Per evitare che decine di migliaia di lavoratori, con relative famiglie, finissero in mezzo a una strada, ci siamo svenati, tra casse integrazioni ordinarie e speciali, incentivi e ammortizzatori sociali di vario genere, riempiendo sempre più lo scrigno dell’azionista di riferimento quando questo era vuoto. Mentre il popolo italiano condivideva i debiti della Fiat, gli Agnelli hanno sempre trattenuto gli utili e questo è accaduto in ogni epoca storica. Non è mai successo che lo Stato non abbia aiutato la casa automobilistica torinese in diffi coltà: lo fecero i governi giolittiani, lo fece il Duce, lo fecero i governi DC e PSI, lo ha fatto il recente governo di sinistra, lo sta facendo il governo Berlusconi. A proposito dei regali alla Fiat, quello più scandaloso è stato sicuramente la cessione dell’Alfa Romeo da parte dell’IRI, presieduta da Romano Prodi, nonostante ci fosse un’offerta di gran lunga superiore della casa americana Ford; l’Alfa Romeo venne quasi regalata alla famiglia Agnelli, con un’enorme perdita per le casse dello Stato e un enorme favore per l’azienda torinese, che rimase l’unica concorrente in Italia; o la più recente mobilità concessa al Lingotto qualche anno fa, che a spese del contribuenti pagò più di tremila esuberi Fiat per una durata di ben 7 anni! Da quel momento sino al giorno del loro pensionamento. Poi ci sono i miliardi elargiti sotto forma di incentivi alla rottamazione delle “vecchie” automobili, che grazie a leggi su misura obbligano i più ostinati o i meno ricchi a cambiare le loro auto, anche se queste sono perfettamente funzionanti, perché la normativa vieta loro di circolare, costringendo a nuovi debiti i cittadini economicamente più deboli, già sommersi da ratei di ogni genere. Alcuni sindacati chiedono che lo Stato entri nell’azionariato Fiat, scambiando gli aiuti di Stato con Azioni Fiat, mettendo così fi ne a questi omaggi senza ritorno e senza fine. Sindacati e lavoratori da molto tempo si stanno domandando: ma perché in Italia si aiutano a suon di miliardi sempre le solite aziende, e non si sostengono mai le Piccole e Medie Imprese, la spina dorsale della nostra economia reale, che quando le cose non vanno bene, pagano di tasca propria e se i soldi non bastano, sono costrette al fallimento? Mentre molti lavoratori del lingotto tremano al solo pensiero che altri stabilimenti Fiat possano chiudere, perdendo così il proprio posto di lavoro, ovvero il sostentamento per se stessi e per i propri figli, Marella Caracciolo e Margherita Agnelli, moglie e fi glia dell’avvocato Gianni Agnelli, stanno ferocemente combattendo una battaglia legale che non ha nulla a che vedere con gli stabilimenti, gli operai, la produzione o l’azienda, ma che riguarda invece il tesoro nascosto di famiglia. Margherita, infatti, sostiene che con l’Opa Exor del 1998, i soci anonimi di Exor (Gianni Agnelli?) abbiano nascosto all’estero, tra Svizzera, Liechtenstein, Lussemburgo, Usa e paradisi fi scali dei Caraibi, la bellezza di1,4 miliardi di euro, ovvero circa 2.800 miliardi di vecchie lire. Nella prossima udienza del processo civile fissata per il 30 giugno a Torino, forse madre e figlia avranno le idee più chiare su quanto noi italiani siamo stati costretti a regalare alla loro famiglia, mentre sull'altra sponda, i poveri operai, una cosa è certa: almeno due stabilimenti chiuderanno i battenti. E allora, Silvio, dal momento che - tu pure lo sostieni - la legge del libero mercato recita che se non sei un imprenditore capace, chiudi bottega e lasci il posto a chi è più bravo, noi ci domandiamo: perché continuiamo a dargli tanti soldi? 

 

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