Dio denaro
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Dio denaro
L'immenso potere dei soldi
- di Guerrino Iacopini -
Pubblicato su Profili Italia anno I I numero 2, marzo 2009
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Che grande fortuna ho avuto dalla vita a nascere da quel padre socialista e da quella madre democristiana! Quando mio padre parlava di Pietro Nenni e degli ideali socialisti, il suo sguardo s’illuminava e la sua voce diventava talmente coinvolgente che era impossibile non starlo a sentire, proprio come mia madre quando raccontava di San Gaspare del Bufalo, della Pietà Divina e della Fede che ognuno dovrebbe avere. I miei genitori sostenevano entrambi che la società dovesse andare ancor più in direzione dell’uguaglianza di tutti i cittadini sul piano sociale, oltre che giuridico, in modo che ognuno di essi fosse messo in condizione di poter avere un sostentamento economico che gli permettesse di vivere una vita più che dignitosa. A differenza dei comunisti, che bramavano la soppressione totale o parziale della proprietà privata, dei mezzi di produzione e di scambio, mio padre Renato credeva invece in un socialismo democratico che concepiva la proprietà privata come uno stimolo per il miglioramento delle persone: l’economia doveva necessariamente reggersi su regole, etica e principi che aiutassero il genere umano, anziché danneggiarlo, come avviene invece quando le ricchezze si concentrano solo in pochi, anziché essere distribuite tra molti. Mia madre Natalina non ha mai dato importanza ai soldi, lei sapeva vivere ugualmente sia con tanto che con niente e quando ne disponeva, trovava sempre qualcuno che secondo lei ne aveva più bisogno e allora si prodigava in suo favore in modo discreto. Oggi nella nuova economia o “New Economy” avviene l’esatto contrario di quanto predicavano i miei cari: anziché avere un capitalismo responsabile, assistiamo all’irresponsabilità del capitale, dovuta alla crescente finanziarizzazione dell’economia, che tende ad aumentare il divario tra spinta speculativa ed economia reale, ovviamente a favore della prima. Pertanto il mondo della fi nanza, e qualche migliaio di aziende, oltre ad arricchirsi, determinano il buono o cattivo futuro di sei miliardi di persone. Nel mondo avvengono 1500 miliardi di dollari di transizioni, di cui solo 30 rappresentano lo scambio reale di merci mentre i restanti 1470 miliardi di dollari sono solo aria fritta, quasi 3 milioni di miliardi di vecchie lire che si muovono nel mercato globale senza avere alle spalle un controvalore; soldi che qualcuno intasca e che qualcun altro dovrà pagare. Nella New Economy spuntano imprenditori senza scrupoli, smaniosi di immolare i propri clienti e le proprie imprese al “Dio denaro” in cambio di una rapida ricchezza personale, contravvenendo a quegli elementari precetti etici, pur di raggiungere i propri bramosi scopi, consci che in questo capitalismo impazzito si può fare tutto e il contrario di tutto. Si possono falsifi care le scritture contabili e i bilanci, si possono ingannare i propri clienti, si possono truffare decine di migliaia di risparmiatori, si può essere collusi con sleali banchieri, si possono corrompere politici disonesti, si può vendere aria fritta in cambio dei risparmi di una vita. Si può fare davvero tutto in nome del “Dio denaro”, un Dio fantastico che non vede le schifezze prodotte, non è interessato ai fallimenti e alle bancarotte delle imprese, non giudica e non condanna, anzi difende il comportamento dei suoi seguaci e una volta che questi raggiungono l’obiettivo, consacra il loro successo con l’agiatezza. Questo gioco ha inculcato in tutti noi la frenesia del guadagno veloce e facile, della ricchezza smisurata alla portata di chiunque, del profitto come motore del mondo e come conquista di ogni potere: sognare di avere denaro o fare denaro è una delle preoccupazioni e delle occupazioni principali della vita di ognuno. Ormai si attribuisce ai soldi un potere sacrale fuori da ogni logica e razionalità, non si riesce più a dar loro il giusto valore o riconoscerne la vera funzione. Il “Dio denaro” porta con sé anche l’angoscia dell’ignoto e del futuro verso il quale ci stiamo incamminando. Le aspettative maturate negli anni Sessanta circa la riduzione della povertà e una migliore distribuzione della ricchezza sul pianeta sono andate deluse. Bisogna ripartire dal principio dell’equa distribuzione della ricchezza e per far questo bisogna che al centro di tutte le cose non si ponga più il “Dio denaro” ma l’Uomo. Così non va, dobbiamo ritornare a una sana economia che alla base abbia principi morali. E’ ormai da tutti riconosciuto che l’ingiustizia nella distribuzione della ricchezza è la principale questione che questo sistema economico deve prendere in esame e risolvere, per consentire all’umanità di compiere davvero il salto epocale che garantisca un futuro ai nostri fi gli. Secondo l’ultimo Rapporto della Commissione per lo sviluppo umano dell’ONU, i 500 uomini più ricchi del pianeta, guadagnano da soli più di quel che riescono a mettere insieme 460 milioni di persone povere. Inoltre il 20% più ricco della popolazione mondiale detiene oltre il 75% del reddito globale mentre il restante 80% è costretto a spartirsi, peraltro in modo altrettanto iniquo, il restante 25%. Anche nei paesi avanzati, Stati Uniti in testa, il differenziale ricchezza-povertà tende a crescere. Lo squilibrio economico finanziario che sta sconvolgendo il pianeta non può essere risolto dai singoli Stati, occorre ripensare un nuovo ordine mondiale che per prima cosa decreti la fi ne di ogni imperialismo e degli sfruttamenti di alcuni Paesi su altri, e che infi ne abbatta i falsi dei e pensi davvero a riappropriarsi di regole, principi ed etica basati sulla giustizia. Altrimenti non c’è futuro che tenga!
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