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La diseguaglianza fa male

La diseguaglianza fa male

Redistribuiamo la ricchezza per un futuro migliore


 di Guerrino Iacopini

 

Pubblicato su Profili Italia anno II numero 8 ottobre 2009

(clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)


 La diseguaglianza divide il mondo degli esclusi da quello dei privilegiati: da una parte la fame, la miseria e la sofferenza, dall’altra l’abbondanza, la ricchezza e la felicità. Questa divisione non può più essere ignorata da nessuno perché l’ingiustizia che rappresenta sta mettendo a rischio i valori fondamentali dell’umanità. L’economia globale, così com’è strutturata, sta producendo tanto una crescita smodata della povertà quanto l’incubo dell’insicurezza verso il futuro. Per questo occorre rifondare il capitalismo, dove nuove regole impongano al capitale di avere anche una funzione sociale, evitando così tante intollerabili morti per denutrizione. E la FAO, direte voi, non dovrebbe aiutare a migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale? L’Agenzia per l’alimentazione e l’agricoltura dell’ONU ci prova da qualche tempo ma il suo impegno non si è rivelato sufficiente a eliminare la sottoalimentazione nel mondo. Occorre una governance globale il cui scopo sia quello di trasferire anche solo una piccolissima parte dei tanti benefici del libero mercato ai Paesi che muoiono di fame. Il G20 di Londra, che ha riunito le economie più  potenti del mondo, per la prima volta ha citato il principio della giustizia sociale concedendo una tenue speranza ai disperati del globo. La diseguaglianza, questa volta, non è stata raffigurata come un principio etico tanto decantato e mai realizzato, ma valutata come un nuovo tipo di crescita approvata anche dagli esclusi, per procedere verso un futuro che altrimenti non c’è. Che il futuro dipenda dalla crescita della domanda ormai lo sanno proprio tutti. Come tutti sanno che non ci sarà crescita senza redistribuzione del reddito e della ricchezza. Allora perché non cominciare a rivedere alcune regole che invece hanno portato alla crisi economica attuale e messo a repentaglio 25 milioni di posti di lavoro (proprio per il crollo della domanda globale)? Se non c’è domanda, crolla il commercio mondiale, il credito si blocca, gli investimenti si arrestano, diminuisce il Prodotto Interno Lordo delle nazioni, le famiglie s’impoveriscono e s’indebolisce la democrazia. La diseguaglianza sociale è una differenza nei privilegi, nelle risorse e nelle rimunerazioni, pertanto ingiusta e dannosa. Viviamo in un mondo dove bisogna adeguarsi ai cambiamenti. Negli ultimi cento anni ci sono stati più mutamenti che in duemila. E’ cambiato l’ambiente, l’habitat, l’uomo stesso. Le grandi invenzioni hanno trasformato l’uomo moderno in uomo tecnologico, quest’evoluzione ha portato tanta ricchezza nel mondo, che invece di essere trasformata in ricchezza sociale e servire al miglioramento della qualità della vita di tutti, come sempre si è concentrata nelle mani di pochi, determinando un’ingiusta diseguaglianza che vede da un lato pochi fortunati vivere agiatamente, dall’altro moltissimi condurre un’esistenza miserabile. Secondo l’Onu basterebbero 500 miliardi di dollari (quei dollari spesi nei primi due anni di guerra in Afganistan e in Iraq) per eliminare la fame cronica che strema più di un miliardo di persone. Combattere la miseria non vuol dire soltanto riempire stomaci vuoti, significa pure creare un mondo migliore, con più scuole, con più ospedali, con più servizi e di conseguenza meno disoccupazione, meno violenza, meno miseria. Ma soprattutto meno ingiustizia e indifferenza da parte di chi governa l’umanità. 

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