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Lo spostamento della ricchezza

Lo spostamento della ricchezza

Italiani sempre più poveri. Perché?

 

di Guerrino Iacopini

 

Pubblicato su Profili Italia anno II numero 9, novembre 2009

 (clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)


Chi negli ultimi anni ha osservato con attenzione l’andamento dell’economia italiana, non ha potuto fare a meno di notare lo spostamento della ricchezza da alcune categorie sociali ad altre. E’ sotto gli occhi di tutti che alcune classi sociali si siano realmente impoverite, poiché il loro potere di acquisto, cioè la loro ricchezza, è notevolmente diminuito, riuscendo a stento ad arrivare alla successiva busta paga. Stiamo parlando delle categorie a reddito fisso: gli operai, i lavoratori dipendenti e i pensionati. Il costo della vita aumenta, i salari, gli stipendi, e le pensioni no. E allora i cittadini non riescono a far fronte ai bisogni delle proprie famiglie. Quello più preoccupa è che questi cittadini non solo non protestano, ma nemmeno pretendono dai politici quelle leggi vitali alla loro dignità e sopravvivenza. Allora ci si domanda: <<Come mai accade questo?>>, e la risposta è scontata. Il popolo non ha più fiducia nelle istituzioni, nella politica e nei sindacati. Si sente abbandonato e tradito da tutti, sa di essere rimasto solo ad affrontare problemi tanto grandi, che niente lasciava presagire gli sarebbero capitati. Tutto ciò procura enormi difficoltà e una grande sofferenza ad andare avanti, mortifica gli animi e cancella ogni speranza di un futuro migliore. Con l’introduzione dell’euro le famiglie italiane hanno iniziato a spendere i loro risparmi e a percepire che il proprio reddito era diventato inferiore a quello “necessario” per vivere. Con l’avvento della crisi economica quelle stesse famiglie si sono trovate con i risparmi quasi a secco e gli stipendi falcidiati; lo spostamento della ricchezza dal lavoro ai redditi da capitale ha prodotto l’impoverimento del ceto medio e l’aumento delle disuguaglianze. Se da un lato è evidente che il tenore di vita di gran parte della popolazione - i lavoratori dipendenti e i pensionati - sta continuamente regredendo, dall’altro lato si nota ugualmente l’incoerenza nel reddito dei lavoratori autonomi, quello dichiarato da molti professionisti, commercianti e piccoli imprenditori, che proprio non si addice al loro alto tenore di vita. Dunque, una classe media in crisi e demoralizzata nelle sue attese di miglioramento, perché penalizzata dall’erosione del reddito, vede davanti a sé gruppi sociali che, sfruttando rendite e posizioni monopolistiche, si rendono immuni agli effetti negativi della crisi e, oltre a vivere meglio, hanno anche concrete speranze per il loro futuro e quello dei propri fi gli. L’impoverimento del ceto medio, però, non dipende solo da questi due elementi. Le ragioni principali della nostra crisi risiedono soprattutto nella ridotta capacità di produrre ricchezza, derivante da una serie di fattori: mancata innovazione delle imprese e scarsa competitività delle stesse, insufficienza o assenza d’infrastrutture e servizi pubblici, scarsa produttività del lavoro e mancanza di concorrenza in numerosi settori “protetti”. E aggiungerei: incapacità politica nel risolvere i problemi industriali e occupazionali, politiche economiche scellerate e fiumi di soldi regalati a pseudo imprenditori e a mafi osi di ogni specie. Infi ne, è bene evidenziare anche la debole, o quasi inesistente, azione dei sindacati nei rinnovi contrattuali. La maggior parte delle organizzazioni sindacali ha preferito porsi spesso come interlocutore politico e ha rinunciato a richieste salariali più forti, in cambio da Governo e imprese di riforme che li privassero dei privilegi ottenuti “nel mercato delle vacche”. Quanti sindacalisti hanno ottenuto da questo mercato incarichi politici o sono stati nominati onorevoli per aver fatto da cinghia di trasmissione con alcuni movimenti politici, invece di far propri gli interessi dei lavoratori? Quando i lavoratori hanno chiesto remunerazioni più eque (i salari italiani sono tra i più bassi d’Europa) e maggiore giustizia sociale, il potere politico non li ha ascoltati, perché occupato a reperire risorse economiche per banche, assicurazioni, imprenditori e amici degli amici. Soldi sprecati che se dirottati sugli operai, sui pensionati e sui lavoratori dipendenti, rimetterebbero in moto l’economia nazionale e, oltre a produrre nuovamente ricchezza, frenerebbero quelle odiose e ingiuste diseguaglianze che invece crescono di giorno in giorno.

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